Pubblichiamo un
interessante estratto dal saluto
dell'
Assessore della Regione Veneto Roberto
Ciambetti
in occasione del convegno
I Rettori veneziani nello Stato da mar
organizzato da Società dalmata di storia patria
Venezia, Ateneo Veneto, venerdì 20 febbraio 2015
Ricostruire le vicende
della Serenissima, approfondendo le relazioni con le
realtà e le comunità di Istria, Dalmazia, Albania fino
alla Grecia , non è un esercizio accademico: come lo
stesso programma odierno pone in luce, attraverso gli
interventi di relatori qualificati, diciamo che
amministrare lo Stato da Mar significava confrontarsi
con etnie, lingue, costumi e fedi religiose diverse. Il
tema è di una contemporaneità eccezionale.
Al di là di ogni altra
considerazione, pur fra stagioni diverse tra loro, in
certi periodi in maniera più efficace in altri in modo
minore, Venezia e le sue magistrature riuscirono a
gestire in modo più che efficiente, diremmo oggi, un
crogiuolo complesso, un melting-pot ante litteram in cui
l’elemento unificante era l’appartenenza ad uno Stato
che garantiva una serie di funzioni e servizi, primo fra
tutti l’amministrazione della Giustizia combinata pur
tuttavia con il rispetto delle usanze e del costume
locale.
Il multiculturalismo
praticato in età veneziana deve farci riflettere: esso
partiva dalla premessa per cui oltre alla propria
cultura, potevano esservi altre culture, dotate di pari
valore umano, anche quando di uno stadio meno avanzato
di sviluppo tecnico. Esisteva a Venezia la
consapevolezza dell’altro e la Repubblica sapeva bene
che non si possono fare affari, né dialogare, con ciò
che si nega. La forza di Venezia non fu, come è accaduto
in anni recenti in molte nazioni europee, quella di
permettere la convivenza di culture diverse, separate le
une dalle altre e divise da quella principale. No:
Venezia, pur rispettando le altrui caratteristiche e
identità, riuscì a dare a tutti una visione unitaria
della società, una visione per la quale valeva la pena
di sentirsi parte attiva della vita della Repubblica.
Ma non solo. La dimensione
veneziana era ben lontana dalle nostre schematizzazioni
ed esemplificazioni ingenue odierne e per tantissimi
aspetti sappiamo bene che Venezia fu l’erede e
prosecutrice di una cultura antica, come vediamo bene in
tanti monumenti cittadini, primo fra tutti quella
Basilica di san Marco che ci riporta ad Alessandria in
Egitto, a Costantinopoli e Atene. Rammento innanzitutto
a me stesso che nella cultura greca antica, quella
cultura che è alla base dell’identità europea anche se
l’Europa lo dimentica, l’Adriatico, di cui Venezia fu
regina, non è thalassa, non è pélagos, bensì è kolpos,
cioè golfo, uno spazio particolare, uno specchio che
riflette le nostre caratteristiche, le nostre identità e
tradizioni, ma che dà anche una immagine unitaria pur
nella molteplicità di voci, etnie e culture di un bacino
particolare che ha una propria dimensione e identità
specifica.
Il successo e
l’atteggiamento della Repubblica verso il suo Stato da
Mar nasce da questa consapevolezza: essere il punto
focale, ma non unico, di una comunità che abitava le
coste di un grande golfo e che aveva e sentiva in
qualche modo una visione unitaria di sé.
Solo la geografia moderna
parla di Mare Adriatico: le mappe, fino all’Ottocento,
parlano di Golfo di Venezia. Non è una distinzione da
poco e non è fatto di mera cartografia o di distinzioni
da geografo: è una dimensione culturale quella che si
afferma e sintetizza in Venezia e da qui si irradia nei
possedimenti veneziani. Ovviamente, il tutto in uno
scenario per altri aspetti frammentato e diversificato.
Sintetizzando, direi che nello stato da Mar tra lingue
diverse ci si riconosceva in un’unica voce.
Non voglio sottrarvi
ulteriore e prezioso tempo. Io vi domando scusa se devo
lasciarvi, vi lascio in ottime mani e soprattutto ottime
menti, ma devo recarmi a Verona a inaugurare il
seminario di lancio di un programma Europeo,
Centraleurope, che collega appunto l’Adriatico al
Baltico unendo, lungo antiche rotte, popoli e nazioni
diverse tra loro: anche questa fu una caratteristica
veneziana, l’essere porta di ingresso all’Europa
continentale e, grazie anche al suo stato da Mar,
tramite tra il Continente e il Vicino oriente. Come
vedete la storia si rinnova sebbene la rotta sia sempre
la stessa. Grazie per quanto fate, sono certo che mi
scuserete, e buon lavoro a tutti.
Nota dell'editore
Da anni siamo presenti a convegni che riguardano la
storia Veneta e quella della Serenissima in particolare.
Per noi sono importanti occasioni per raccogliere
appunti dalle “dotte” relazioni, materiale che
utilizzeremo per le nostre ricerche che porteranno alla
progettazione e realizzazione di video culturali.
Non ci era mai accaduto di farlo ascoltando i saluti di
Assessori o Politici; essi, infatti, generalmente si
limitano a brevi testi istituzionali.
Questa volta è stato diverso e ben volentieri
pubblichiamo il testo letto dall'Assessore della Regione
Veneto Roberto Ciambetti.